
Domani, 29 maggio, cade il trentennale della strage dell’Heysel: in quel giorno del 1985, infatti, prima che si giocasse la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 persone persero la vita sugli spalti, in seguito ai tafferugli provocati dagli hooligans inglesi.
L’Eco di Bergamo, per l’occasione, ha lanciato un’iniziativa particolarmente significativa, invitando i propri lettori (e non solo) ad inviare una testimonianza significativa di quanto accaduto quel giorno. Sul proprio sito, la testata bergamasca ha pubblicato, nella giornata di ieri, la lettera inviata da Fiorenzo Peloso, che, all’epoca, era accompagnatore della Juventus.
Di seguito, riportiamo integralmente i passaggi più significativi:
Dopo aver spiegato alcuni dettagli tecnici sull’organizzazione della trasferta, passa ai crudi dettagli di quel pomeriggio nefasto: “Uscendo dallo stadio sul pullman scortato dalla polizia, nessun giocatore e dirigente della squadra, nonostante la mia insistenza, volle fare una breve visita alle centinaia di feriti ricoverati negli ospedali di Bruxelles, si parlava di almeno 500″.
“L’autista di un’ambulanza bianca irritato perché insistevo a caricare una ragazza con una gamba spezzata che portavo in braccio, mi spiegava che lui era arrivato lì per ultimo e quindi dovevo rivolgermi all’altra ambulanza, lontana circa una 50 metri: era questione di rispetto della precedenza“.
Non meno esecrabile il comportamento dei residenti di Bruxelles: “Quei 4 ignobili abitanti di Bruxelles che nelle vicinanze dello stadio si rifiutarono di aprirmi la porta per farmi fare una telefonata di emergenza all’Hotel Hilton affinché informassero l’organizzazione di Torino della gravità della situazione, gridarono da dietro la porta «merde a les italiens».
Sull’ostracismo dei dirigenti UEFA: ” I 4 responsabili dell’Uefa che davanti alla porta della tribuna d’onore mi impedirono fisicamente di salire le scale fino al primo piano dove c’erano i box dei cronisti, per avvisarli che fuori già si contavano almeno una dozzina di morti soffocati. Peraltro c’è da osservare che nessuno di loro si premurò di scendere fuori per constatare cosa stava accadendo“.
Si disse che la gara, che poi si giocò, non poteva essere sospesa: “Fu una bugia colossale che la partita non poteva essere sospesa, il vero problema sarebbero stati i rimborsi dei biglietti e dei diritti televisivi. Fu deciso a tavolino che la finale non poteva essere vinta dal Liverpool. E così fu a imperitura vergogna”.
A chiudere, la frase che Michel Platini (che segnò il rigore che decise quella partita), pronunciò all’aeroporto: “«ne muoiono di più sulle strade, perché fare tanto casino».
Questa, ed altre testimonianze di chi, all’epoca, visse il dramma in prima persona, devono essere un costante monito affinché il calcio rimanga uno sport, fedele ad una propria etica che non sia quella del mercantilismo ma quella del rispetto delle regole, della memoria e dello spirito sportivo.
Queste le immagini originali (piuttosto crude) dell’epoca: